Lo scorso 4 luglio il Mimit ha pubblicato il Decreto con le linee guida per la corretta applicazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione e design e ideazione estetica.

L’obiettivo del documento è fornire le indicazioni e i criteri necessari ai valutatori per qualificare, ai sensi dell’articolo 23, comma 5, D.L. 73/2022, gli investimenti effettuati o da effettuare nell’ambito delle attività di ricerca e sviluppo, innovazione, design e ideazione estetica come ammissibili al beneficio.

La valutazione riguarda il periodo temporale che va dal 2015 al 2020:

Per i periodi di imposta dal 2015 al 2019 il riferimento normativo è Æ l’articolo 3, D.L. 145/2013, convertito in L. 9/2014
Per il periodo di imposta dal 2020 il riferimento normativo è Æ l’articolo 1, commi 198-208, L. 160/2019

A partire dalle ore 14.00 dell’8 luglio 2024 i certificatori possono quindi inviare alla piattaforma dedicata le certificazioni richieste dalle imprese e a esse rilasciate; ne consegue che coloro che avessero provveduto a stilare il modello di certificazione prima dello scorso 4 luglio, data di pubblicazione delle linee guida, sono invitati a rivedere il contenuto dello stesso, in ogni caso infatti il Mimit riterrà che il modello trasmesso dal certificatore tenga conto del contenuto di dette linee guida.

Fatte le dovute premesse si riportano le indicazioni in tema di attività ammissibili per singola tipologia di investimento:

Attività di R&S a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, a esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);

c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida;

d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

Di contro, giusta il disposto del successivo comma 5, “non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”

Attività di innovazione Le attività di innovazione devono essere legate a progetti che rispettino i criteri di cui al Manuale di Oslo soprariportati e quindi devono avere riferimenti puntualmente differenti rispetto ai principi generali applicati ai progetti di ricerca e sviluppo, per potersi allineare alle indicazioni della normativa che ne differenziano la portata in termini di documentazione e di benefici associati. Il dettaglio applicativo nella definizione della portata associata alle attività di innovazione tecnologica è da intendersi, fondamentalmente e in linea con le indicazioni del Manuale di Oslo, nel perimetro del confronto di valutazione e analisi sia delle conoscenze di riferimento, sia del contesto di ricaduta delle attività medesime. Si precisa, poi, che l’accezione “tecnologica” aggiunta alla definizione di innovazione è propedeutica a distinguere le attività ammissibili al credito rispetto alle altre forme di rinnovamento che possono caratterizzare le imprese e che possono riguardare, ad esempio, le attività volte ad aggiornare le caratteristiche estetiche dei prodotti (legate alla moda, al design, al marchio, alla confezione, etc.), le tecniche di gestione aziendale (procedure di qualità, etc.), le strategie e gli strumenti di marketing, le modalità di finanziamento dei nuovi prodotti (venture capital etc.) o le strategie d’impresa (accordi produttivi e commerciali tra imprese)
Attività di design e ideazione estetica Il comma 202 dell’articolo 1, L. 160/2019 ha stabilito che tra le attività innovative ammissibili al credito, diverse da quelle di R&S e di innovazione tecnologica, rientrano anche le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese operanti nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell’occhialeria, orafo, del mobile, dell’arredo, della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari. In tal modo si attraggono nel campo di applicazione del beneficio anche le attività, diverse da quelle di ricerca e sviluppo e di innovazione tecnologica, che abbiano a oggetto innovazioni legate, in via generale, all’aspetto esterno o estetico dei prodotti o comunque non necessariamente legate a elementi funzionali, tecnici o tecnologici dei prodotti.

L’articolo 4, comma 1, Decreto Mise del 26 maggio 2020 prevede, senza riprodurre l’elencazione dei settori prevista dalla norma istitutiva del credito d’imposta, che del resto ha espressamente carattere meramente esemplificativo, che le attività ammissibili al beneficio siano costituite dall’innovazione significativa dei prodotti dell’impresa “sul piano della forma e di altri elementi non tecnici o funzionali” come (ma non soltanto) “le caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della struttura superficiale, degli ornamenti” ovvero anche dei materiali del prodotto stesso. Per prodotto ai fini della disposizione deve intendersi qualsiasi oggetto avente carattere industriale o artigianale, seppure inserito in (o confezione esterna di tipo decorativo o protettivo di) prodotto complesso, i simboli grafici e i caratteri tipografici. Sulla base delle indicazioni previste dall’articolo 31, D.Lgs. 30/2005 recante il Codice della proprietà industriale a cui la norma fa sostanzialmente riferimento. La significatività dell’innovazione estetica, senza pretesa di completezza, può essere rappresentata dai caratteri della “novità” e “individualità” indicati dagli articoli 31, 32 e 33, D.Lgs. 30/2005 recante il Codice della proprietà industriale e, dunque, nella circostanza che il prodotto i) differisce da quelli precedenti dell’impresa per elementi rilevanti e ii) “l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi” prodotto precedente dell’impresa. Per i settori nei quali è previsto il rinnovo a intervalli regolari dei prodotti sono ammissibili al credito d’imposta i progetti “relativi alla concezione e realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto alle collezioni e ai campionari recedenti”.

L’esclusione disposta per le modifiche non rilevanti dal comma 2 dell’articolo 4, Decreto Mise come “l’aggiunta di un singolo prodotto o la modifica di una sola caratteristica dei prodotti esistenti, come ad esempio la modifica unicamente dei colori, o di un elemento di dettaglio” induce a ritenere che le novità debbano caratterizzarsi per la loro significatività da interpretarsi come per le attività previste dal comma 1. Le attività ammissibili riguardano comunque la sola fase precompetitiva che termina con la realizzazione dei campionari non destinati alla vendita. A tale riguardo, si osserva che generalmente, le attività di ideazione e sviluppo di una collezione o di un campionario si articolano in 4 fasi che comprendono un insieme diverso di attività:

– fase 1 – ideazione: attività volte a individuare le tendenze della moda o dello stile. Sono compresi i viaggi alle fiere di preselezione, gli abbonamenti a riviste, quaderni di tendenze e altre fonti di informazione per la preparazione delle collezioni;

– fase 2 – progettazione: questa fase comporta il lavoro di designer esterni o la dedizione degli interni alla creazione di nuove collezioni o campionari. Una volta progettato il prodotto, esso deve essere adattato alle esigenze del mercato o alle caratteristiche di lavoro dell’impresa. Non tutti i progetti originali finiscono per diventare prototipi. Alcuni non vengono accettati. I disegni selezionati sono definiti fino a ottenere l’insieme delle schede tecniche della prima versione dei corrispondenti prototipi;

– fase 3 – materializzazione: sulla base delle schede tecniche risultanti dalla seconda fase, saranno prodotte le prime versioni dei prototipi. Questi ultimi possono subire modifiche, frutto di diverse prove, che si materializzano in diverse versioni del prototipo fino alla versione finale dello stesso. Questa versione finale del prototipo può essere riportata in un catalogo;

– fase 4 – preserie, marketing e distribuzione: la preserie è una serie di piccoli spin che verranno utilizzati per mostrare i prodotti ai rivenditori, alle fiere, etc.. Le spese di marketing vanno dalla realizzazione dei cataloghi alla campagna pubblicitaria. Infine, il campionario è distribuito.

Delle 4 fasi che caratterizzano la progettazione e relazione di una nuova collezione o di un nuovo campionario, solo le spese relative alle fasi 2 e 3 sono ammissibili ai fini dell’agevolazione

Ricordiamo che lo Studio Benedetti Dottori Commercialisti  rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti ed approfondimenti: per qualsiasi necessità contattateci direttamente a mezzo mail.

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